L’isola dei Cani (Isle of Dogs), pellicola di recente uscita (USA, 2018), sembra confermare quanto già intuivamo: Wes Anderson è probabilmente un genio!
Centouno minuti incollati alla poltrona, bambini in reli- gioso silenzio davanti allo schermo e ti ritrovi a pensare, assieme a loro, che questa visione vorresti non finisse mai, come fu per Fantastic Mr. Fox, altro piccolo capolavoro d’animazione “a passo uno” del regista texano.
Siamo nel Giappone del 2037, il dodicenne Atari Ko- bayashi va alla ricerca del suo amato cane Spots dopo che un decreto esecutivo, a causa di un’influenza canina, ha spedito tutti i cani di Megasaki City su un’isola discarica, Trash Island, destinandoli alla morte per fame o malat- tia. Inizia così un percorso di liberazione, naturalmente condotto da Atari, Spots e la sua banda di amici a quattro zampe, che riporterà la giustizia nella città, governata da un feroce desposta abilissimo nel soggiogare le masse, il sindaco Kobayashi, che si rivela essere il padre adottivo del protagonista.
Quanti film d’animazione e non solo abbiamo già visto con un impianto narrativo simile? Quel che conta qui, però, per un insegnante o un genitore, è la capacità di que- sta storia di parlarci non tanto del domani, ma del mondo contemporaneo.
Man mano che la visione procede, infatti, tante lucine ini- ziano ad accendersi nella nostra testa… Perché i cani sem- brano solo un capro espiatorio? Un espediente per accusare qualcuno dei mali della società che, come si intuisce, stanno da un’altra parte? Chi sono in realtà questi cani? Gli ebrei, i palestinesi, gli immigrati, anzi “i clandestini”? Il “diverso da sé”? E chi è il feroce dittatore? Un despo- ta coreano, russo, americano? E chi è il bambino, anzi il Bambino?
Ma la cosa che più balza agli occhi, e che rende Megasaki City uno specchio della nostra società globale, è la propa- ganda ossessiva, feroce e asfissiante alla quale sono sotto- posti i cittadini, propaganda che ci ricorda quanto politici di ogni parte del mondo facciano un uso distorto della parola “libertà” e quanto siamo inermi di fronte a questa massa d’informazioni che c’illudiamo di governare.
Proseguendo nella visione troviamo cani che sembrano cannibali ma si rivelano essere vittime di folli esperimenti, campi d’internamento con lugubri insegne già viste, cani
confinati sull’isola piena di spazzatura in preda a fame ed epidemie mortali…
Ma non pensate sia un film d’animazione per adulti: il lieto fine lo rende idoneo anche ai più piccini, che ancora non leggono “sotto la trama” del film ma già possono intuire i costanti riferimenti che Anderson semina, come le bricio- le di Pollicino, per tutta la durata della visione.
Un film è un grande film quando, al di là della sua am- bientazione storica, riesce a parlarci del presente. È no- stro compito spiegare ai bambini, i “portatori di futuro”, cosa realmente ci sta dicendo Anderson, nelle forme e nei modi dovuti che ogni educatore ben conosce.
Ad esempio in tante scuole dell’infanzia il 27 gennaio di ogni anno si festeggia, giustamente, il Giorno della Memo- ria. Perché non introdurlo con la visone di questo film? D’altronde Spiegelman non ha narrato la Shoah attraverso Maus, fumetto dove gli ebrei sono topi e i nazisti gatti? Recentemente Marco Dallari, dell’Università di Trento, fondatore del Laboratorio di Comunicazione e Narrativi- tà, ribadiva un aspetto noto: l’uomo è un animale simboli- co. Cominciamo noi, quindi, nel nostro ruolo di genitori e insegnanti, a mostrare ai bambini come un simbolo, che altro non è che una cosa che sta al posto di un’altra cosa, possa essere utilizzato per fini nobili e ignobili, a secondo di chi li usa. Questa storia è piena di esempi in tal senso, positivi e negativi. A noi il compito di vederli, capirli e far- li scoprire ai bambini… senza anticipare la risposta, come ammoniva Malaguzzi.