Senza addentrarci in lungaggini tecniche diciamo subito che tutti i film d’animazione con tecnica di ripresa a Passo Uno (o Stop-Motion: in breve, un fotogramma per ogni movimento dei personaggi) hanno un fascino particolare. Pensiamo a Wallace & Gromit, o a Shaun-Vita da pecora, in plastilina, o agli splendidi pupazzi di Nightmare Before Christmas, Coraline o La Sposa Cadavere.
Panico al Villaggio (Aubier e Patar, Belgio, 2009), reperibile online, in biblioteca o in un qualsiasi negozio che sia disponibile a ordinarlo, si inserisce in questa gloriosa tradizione ma a un livello maggiore…
La follia creativa che contraddistingue questa pellicole è, infatti, enormemente accentuata ma non in senso accumulativo, come nei film Marvel, che affastellano eventi su eventi. E non siamo neppure dalle parti del teatro dell’assurdo del pur esilerante SpongeBob Il Film, ma vicino a un tipo di follia più alla Hellzapoppin’, folle e inoffensiva, assolutamente comprensibile anche ai più piccini. È una sorta di Pingu accellerato, dove la storia la fa la prossemica, il linguaggio del corpo più che i dialoghi, comunque anch’essi parecchio divertenti.
La storia: in un villaggio che si chiama Villaggio, un cow boy di nome Cow-boy e un indiano di nome Indiano decidono di fare un regalo di compleanno al loro amico, un cavallo di nome Cavallo ma, essendo i due praticamente degli incapaci, si addormentano col gomito sul tasto “0” del computer e, invece di ordinare 50 mattoni per costruire un barbecue, ne fanno arrivare al povero equino 50 milioni! Siamo sicuri che non vi saranno sfuggiti i tre nomi: Cowboy, Indiano e Cavallo. Ogni personaggio infatti, a parte una splendida cavallina e pochi altri, ha come nome la sua categoria di appartenenza e questo li rende prototipi, universali, in mezzo a eventi che potrebbero accadere ovunque. Inoltre, particolare non da poco, sono giocattoli (la gallina per esempio si muove su una base color erba, tipico delle riproduzioni in plastica per bambini), ma è talmente assoluta l’assenza di bambini che li usino per giocare, che questi personaggi fanno vita autonoma, con regole proprie, diversamente da Toy Story, ad esempio, dove i bambini sono onnipresenti, oppure da The Lego Movie, dove ne appare uno solo, col padre, negli ultimi dieci minuti.
Nonostante ciò, come vedremo, tutte le loro azioni appartengano in pieno all’universo ludico dei primi anni di vita del bambino: cosa rende quindi speciale Panico al Villaggio ai loro occhi? Il grado di finzione necessaria per far accadere gli eventi, talmente paradossali da sembrare possibili, proprio perché le leggi del gioco sono “tutto è possibile”, proprio perché il bambino non ha bisogno della “sospensione del giudizio” dell’adulto per divertirsi (non farti troppe domande sulla veridicità degli eventi se vuoi goderti la visione), proprio perché per seguire gli eventi non ha nemmeno bisogno della legge dello spettatore al cinema di metziana memoria (patto di finzione tra chi guarda e chi recita): per il bambino ogni cosa è reale quanto la realtà stessa, almeno come lo era il lupo per mia figlia che, tutte le volte che arrivava nel cartoon dei Tre Porcellini della Disney, si nascondeva dietro la libreria. Il lupo arrivava e basta, poco importava che fosse una sequenza numerica imprigionata su un dvd resa reale da uno schermo; arrivava e bisognava nascondersi, punto!
I mattoni, visto che nel frattempo ne sono arrivate centinaia di camionate, vengono impilati a mo’ di Torre di Babele sopra il tetto del festeggiato, tetto che naturalmente crollerà facendo sprofondare la casa e disperdendo i detriti in tutta la vallata con effetti imprevedibili. Nella ricostruzione della casa di Cavallo scompariranno i muri che finiranno in uno stagno-porta segreta (ah onnipresente Alice!), via d’accesso per le profondità del sottosuolo dove troveremo delle care creaturine, molto simili a Il mostro della laguna nera da piccolo – o al pesciolone de La forma dell’acqua se preferite, con una mamma-mostro che li rimpinza di frittelle. Ecco che Cavallo, Cow-boy e Indiano precipiteranno a velocità siderale, sospesi su un pezzo di roccia, nelle profondità marine di questa nuova Atlantide mentre giocano a rubamazzo in attesa dello schianto! Non c’è un nesso logico negli eventi a cui aggrapparsi, nessuno schema in cui far rientrare una trama così bislacca eppure così perfetta: tutto può succedere e, puntualmente, tutto succede! Tutto può accadere, e accade per i bambini, quotidianamente, nella loro sana e opportuna incoscienza. Noi grandi, invece, abbiamo bisogno dei fatti, della realtà, della verosimiglianza… Che noia però!